giovedì 31 maggio 2012

"Piccolo blu", il nuovo album di Massimo Schiavon






Sono passati cinque anni dall'esordio discografico di Massimo Schiavon. Dopo l'ottimo "Senza Rotta", uscito nel 2007, il cantautore di Laigueglia è tornato a far parlare di sé con l'album "Piccolo blu", presentato ufficialmente sabato 26 maggio al teatro Gassman di Borgio Verezzi. Un album ambizioso che vede Schiavon impegnato in dodici brani che disegnano atmosfere raccolte, notturne e meditative. Canzoni scritte da Schiavon - eccetto il brano "I passi di una donna" che chiude il disco e che è stato a lui donato da Enzo Jannacci - e interpretate con passione e trasporto con il supporto di musicisti di primo piano della scena nazionale. A partire da Armando Corsi che in occasione del concerto di presentazione è tornato a imbracciare con trasporto e passione la chitarra elettrica.
Con grande gentilezza e disponibilità Schiavon ha risposto alle domande di questa intervista.



"Piccolo Blu" è il tuo secondo disco. Cosa deve aspettarsi l'ascoltatore?

«Si tratta di un disco più intimo rispetto al primo, più legato alla sfera emozionale. Un vero viaggio attraverso la mia anima, la mia infanzia e i valori fondanti della mia esistenza, alla ricerca della radice del mio sentire. Non a caso le canzoni sono state prevalentemente composte al pianoforte e non alla chitarra, con particolare attenzione alla cura delle linee melodiche senza rinunciare ad una comunicazione semplice e diretta nei testi».  

Dal tuo primo lavoro, "Senza Rotta", sono passati cinque anni. Cosa hai fatto in questo lungo intervallo di tempo?

«Per un paio d'anni mi sono dedicato a concerti live, mentre il periodo rimanente è stato necessario per le registrazioni di questo nuovo cd, che piano piano si è arricchito di nuove collaborazioni e ospiti, procrastinandone l'uscita. Ma ne è valsa la pena».

C'è un messaggio in questo disco?

«Non un messaggio particolare, ma tanti piccoli frammenti e riflessioni, spesso di ispirazione compositiva differente, che in qualche modo virano idealmente e cromaticamente al blu, un piccolo blu, che illumina le storie naif dei personaggi spesso "Senza ali", per citare il titolo di un brano. Sono figure che per la loro sensibilità interiore o condizione sociale faticano a trovare una collocazione opportuna nel loro contesto storico. Sono ad esempio i bimbi di "Scendi piano" persi nel loro Natale, gli amanti protagonisti del "Volo di Chagall" o i nostri vecchi emigranti persi in terra argentina, che animano il testo di "Blu"».

Ti sei avvalso della collaborazione di alcuni dei migliori musicisti sulla piazza. Come sono nate queste collaborazioni?

«Il cd è stato arrangiato da un vecchio amico e chitarrista romano, Fabrizio Guarino. Vi hanno partecipato, tra gli altri, musicisti del calibro di Mike Applebaum (tromba flicorno), Marco Siniscalco (contrabbasso), Cristiano Micalizzi (batteria), Carlo Di Francesco (percussioni), Giacomo Grandi (violoncello), Marcello Sirignano (violino) e per il pianoforte, per il quale ero alla ricerca di uno stile ben preciso, "pittorico", l'argentino Roman Gomez. Di particolare rilievo è stato poi l'incontro artistico con Armando Corsi che, dopo aver accettato di prestare le note della sua chitarra al brano manifesto "Blu", si è appassionato al progetto mettendo a disposizione la sua arte in qualità di ospite d'onore nei live, come è accaduto l'altra sera nel teatro di Borgio». 

Nell'album troviamo anche una chicca: la canzone "I passi di una donna" regalatati da Enzo Jannacci. Qual è il tuo rapporto con Jannacci e come è nata questa collaborazione.

«Ho avuto la fortuna di conoscere Enzo a seguito della sua partecipazione alla rassegna "Queste piazze davanti al mare" di Laigueglia. Ne è nata una bella amicizia che si è trasformata anche in una sua attenzione per alcuni miei brani che stavo appunto preparando per il cd. In particolare "Fiammetta", la piccola storia che in qualche modo ricordava ad Enzo la sua meravigliosa "Vincenzina e la fabbrica". Forse questa sensibilità comune ha contribuito a far accadere l'inimmaginabile. Una sera a Milano Enzo seduto al pianoforte di casa sua, ha inserito una cassetta nel vecchio registratore e mi ha registrato il brano inedito "I passi di una donna". La canzone, arrangiata per orchestra dal maestro Vincenzo Messina e suonata tra gli altri da alcuni musicisti storici di Jannacci, chiude il cd».

Dove hai registrato il disco?

«A Roma presso il Millenium Audio Recording da Fabio Ferri, dove Daniela Bombelli ha curato il mixaggio e il mastering».

Con il nuovo disco è arrivata anche una nuova band: i Bacàn. Ce ne parli?

«Assolutamente. L'opportunità di portare in scena un progetto così articolato, necessitava di un direttore musicale in grado di conciliare l'intimità della proposta artistica di alcuni brani del disco, con la vena latina, popolare e più ruspante di parte del mio repertorio. Non ho avuto dubbi e la scelta è ricaduta su Marco Fadda, raffinato musicista e percussionista, da me da sempre stimato. Suo il merito di coordinare e dirigere i live e sua la scelta di questa meravigliosa band, i Bacàn. Il significato etimologico di "bacan" in dialetto ligure indica la figura del "padre", del "comandante di imbarcazione". Come diceva De Andrè ‹...bacan d'a corda...›. Quale miglior nome, allora, per una band di raffinati musicisti, tutti di sangue genovese!».

Dopo il concerto di Borgio hai intenzione di presentare il disco in un tour?

«Dopo il concerto di Borgio che è stato un successo di pubblico ben oltre ogni più rosea aspettativa, per il periodo estivo abbiamo in calendario una serie di date in Liguria, in attesa che ad ottobre il cd venga proposto a livello nazionale dall'Egea Music, che tra l'altro ne cura la distribuzione».

Sei ligure e scrivi canzoni. Inevitabile pernsare alla grande scuola cantautorale genovese. Ma secondo te è ancora attuale?

«Credo proprio di sì, anche se il giudizio spetta al pubblico. Sicuramente l'atmosfera che ho respirato ultimamente a Genova, per esempio durante le prove, è per lo meno affascinante, se non unica e foriera di ispirazione artistica».

Il tuo nome, questa volta come organizzatore, è legato a un importante festival musicale che tutti gli anni presenti a Laigueglia. Cosa ci puoi anticipare della prossima edizione?

«Per prima cosa ti posso anticipare, che grazie al Comune di Laigueglia la rassegna "Queste piazze davanti al mare" è salva nonostante i tagli imposti dalla situazione economica attuale. A breve usciremo con il programma definitivo, che sarà comunque in linea con i grandi nomi che ci hanno onorato con la loro partecipazione nelle edizioni passate e con la nostra vocazione di mettere a disposizione il palcoscenico ai giovani cantautori emergenti».

E per finire le consuete dieci domande a bruciapelo... 

- Mare o montagna? Mare
- Pizza o grigliata di pesce? Grigliata di pesce
- Chitarra elettrica o acustica? Acustica
- Dylan o CSN&Y? Dylan
- Luigi Tenco o Umberto Bindi? Come compositore Bindi
- Bicicletta o automobile? A piedi
- Giorno o notte? Notte 
- Tarantino o Vittorio De Sica? Vittorio De Sica
- Rosa o tulipano? Rosa
- Bosco o cattedrale? Bosco


Titolo: Piccolo blu
Artista: Massimo Schiavon
Etichetta: Incipit/Egea
Anno di pubblicazione: 2012

Tracce
(testi e musiche di Massimo Schiavon, eccetto dove diversamente indicato)

01. Il volo di Chagall
02. La voce dell'anima
03. E magari sì
04. Via della pace
05. Blu
06. L'amore del tempo matto
07. Quaranta lacrime
08. Fiammetta
09. Senza ali
10. Scendi piano
11. Il sorriso
12. I passi di una donna  [Enzo Jannacci]





lunedì 21 maggio 2012

A Brigà e le canzoni delle Alpi del Mare








"Artemisia. Le Alpi del Mare" è il titolo del secondo album degli A Brigà. Dopo l'ottimo "Sul Tempo" e con un paio di cambi di formazione alle spalle, il gruppo è tornato in sala di registrazione (AM Studio di Alessandro Mazzitelli a Loano) con una manciata di canzoni che riportano l'ascoltatore alle atmosfere di un tempo. Non si tratta però di una semplice operazione di riproposizione di antichi canti della tradizione di quel territorio compreso tra il mare e le montagne della Liguria, ma di un interessante recupero sonoro filtrato e ringiovanito dal sound degli A Brigà. Nel CD troviamo brani popolarissimi come "La Fontanella" o "Moretto", riarrangianti e adattati dalla band con interessanti soluzioni sonore, o il "Canto delle Uova" della tradizione contadina introdotto da un coro dei Cantori di Mallare e Montefreddo registrato esattamente trent'anni fa a Carcare da Mauro Balma. 
A raccontarci la genesi di questo lavoro è Alex Raso, bravissimo grafico e illustratore nonché chitarrista degli A Brigà.


"Artemisia" è il vostro secondo album. Come è nato? 


«L'idea iniziale di un nuovo CD è nata poco più di due anni fa, insieme alla vecchia formazione della Brigà quando abbiamo sentito l'esigenza artistica di lavorare ad un nuovo progetto. Il CD è stato ultimato nel 2012 con l'attuale formazione: Marta Giardina alla voce, Luca Pesenti al violino e al mandolino, Alex Raso alla chitarra e bouzouki (formazione originale) e la nuova contrabbassista Elena Duce Virtù. Inoltre abbiamo inserito, come nel primo lavoro alcuni ospiti presi dal panorama folk nazionale come Franco Guglielmetti alle fisarmoniche e Matteo Dorigo alla ghironda (in qualità di ospiti hanno partecipato alle registrazioni dell'album anche Walter Rizzo alla ghironda, Salvatore Coco alla voce, Loris Lombardo alle percussioni, Claudio Bellato e Fabio Pesenti alle chitarre, Davide Bonfante alla batteria, Federico Fugassa al basso, Davide Baglietto alla musette, ndr)».

Quali sono le idee portanti di questo lavoro? 

«L'attenzione alle tradizioni e il loro recupero. A Brigà rispetta le tradizioni, per questo le interpreta. Come dicono gli antropologi Clemente e Mugnaini ‹la tradizione non è un prodotto del passato, ma una riappropriazione selettiva di una porzione di esso, una filiazione inversa›».

Avete messo in piedi una operazione di recupero di canzoni della tradizione dell'entroterra ligure per rivestirle con il vostro sound. Come si è svolto questo processo? 

«La scelta di un repertorio tradizionale vicino alle nostre radici liguri, luogo d'incontro tra le alte vette e il Mediterraneo, è stato un percorso spontaneo. Ciascun brano raccolto lo abbiamo rivestito con un sound, contaminato dalle nostre esperienze musicali (jazz, swing, irish, gipsy) con la stessa formula usata per il primo CD». 

Da quali fonti siete partiti? 

«Per la scelta dei brani ci siamo avvalsi delle ricerche di alcuni etnomusicologhi e, in misura minore, di interviste svolte da noi che ci hanno permesso in molti casi di stabilire un legame con gli abitanti delle valli che abbiamo percorso. Con piacere ricordo l'intervista fatta a Remo Siri e Stefano Siri nella loro casa (successivamente in cantina) a Carcare; a loro va il merito di aver riportato la tradizione delle "uova" nella Valle Bormida dopo anni d'assenza. I due musicisti compaiono, tromba e sax, in una registrazione dei Cantori di Mallare e Montefreddo registrata a Carcare nell'82 da Mauro Balma ("Liguria: canti di strada", Ed. Nota) che abbiamo inserito come intro della nostra rivisitazione. Fondamentali sono state le registrazioni di Giorgio Nataletti e Paul Collaer (1962, 1965, 1966) raccolte da Mauro Balma che mi ha donato Mariella, l'esuberante gestrice di un agriturismo a Dolceacqua, in una serata finita a "gotti" di Rossese di sua produzione. Le registrazioni di Edward Neill gentilmente concesse dalla Fondazione De Ferrari con l'aiuto di Carlo Romano; le raccolte di canti narrativi e canti da strada liguri di Mauro Balma dell'Editrice Nota e le registrazioni effettuate tra il 1953 e il 1954 da Alan Lomax a Bajardo e a Imperia, fornite dal giornalista Claudio Porchia, unite alle testimonianze lasciate nel suo libro "L'anno più felice della mia vita. Un viaggio in Italia". Alcuni libri sono poi stati fondamentali, come "I canti popolari del Piemonte" raccolti alla fine dell'800 da Costantino Nigra; "I canti popolari italiani" di Roberto Leydi; i tre volumi dedicati al folklore di Liguria di Aidano Schumckher; "Si comincia da una figlia" di Paolo Giardelli e La raccolta Canzoni Intemeie della Cumpagnia Cantante. Le innumerevoli guide Sagep dedicate all'entroterra ligure, ormai reperibili solo nei mercatini dell'usato, sono state infine il nostro "object trouvé"». 

Perché avete intitolato l'album "Artemisia"? 

«Artemisia è una donna realmente esistita a Pigna, comune in provincia di Imperia situato nella parte montana dell'Alta Val Nervia, di cui vestiamo i difficili gusti con un valzer ampére nell'omonima canzone all'interno del CD. Artemisia è la pianta medicinale utilizzata nella preparazione del distillato d'assenzio: la magica "fée verte" croce e delizia degli impressionisti francesi. Artemisia è anche il nome di mia zia, la sorella della vecchia con il ghiacciolo che troviamo in copertina nel primo album purtroppo mancata quest'anno all'età di 100 anni». 

Come è stato accolto il vostro album, specialmente nelle comunità più vicine a questi suoni? 

«Per ora il CD è stato accolto positivamente; ora ci attendono alcuni concerti promozionali in Liguria, nelle terre da noi raccontate, e nel nord Italia, dove speriamo in altrettanto affetto». 

Cosa è cambiato rispetto al vostro primo album "Sul tempo"? 

«"Sul tempo (on the beat)" nasce nel 2009 e vanta la collaborazione di alcuni fra i più importanti musicisti del panorama folk-jazz-pop italiano ed europeo tra cui Marco Fadda, Fernando Oyaguez (Felpeyu), Edmondo Romano, Dino Cerruti, Matteo Dolla, Zibba. Il CD ha ricevuto ottime recensioni da parte della stampa musicale europea Folk Bullettin (Italia), Les Canard Folk (Belgio), Froots, FolkEnLaRed (Spagna). La rivista TradMagazine francese gli ha assegnato il Bravò (Grammy della musica folk) come migliore disco del bimestre luglio-agosto 2009. La ricetta e l'energia impiegata per il nuovo disco è la stessa ma con un maggior interesse per l'area ligure rispetto a quella peninsulare di "Sul tempo". Speriamo in altrettante risposte positive da parte della critica». 

L'uscita dal gruppo di Davide Baglietto, presente però come ospite nel nuovo disco, ha sicuramente cambiato l'assetto interno degli A Brigà. In che modo? 

«Davide è uscito dal gruppo per sua scelta dopo una bella esperienza condivisa come anche Federico Fugassa (basso) e Davide Bonfante (batteria), entrati successivamente nella formazione originale e  partecipi dell'ultima evoluzione del gruppo; un'evoluzione tesa a discostarsi dalle sonorità folk di "Sul Tempo" per avvicinarsi di più a sonorità pop. Dopo la loro uscita siamo ritornati ad un sound più acustico, simile a quello del primo CD. Abbiamo deciso di mantenerli come ospiti in alcune tracce del nuovo prodotto per testimoniare la nascita comune del progetto delle Alpi del Mare».

Che senso ha registrare oggi un album di musiche tradizionali in Italia? 

«La raccolta e la conservazione delle tradizioni, opposta polemicamente a quella del vertiginoso consumo operato dalla società, sono tematiche che ci toccano profondamente. Come scrive Jonathan Safran Foer una rigida ricerca ti mette di fronte ad una presa di coscienza: ‹ogni cosa è illuminata dalla luce del passato›. Dobbiamo conservare». 

A Loano si celebra ogni anno un festival dedicato alla canzone tradizionale e popolare, cosa pensate di questo tipo di rassegne? 

«Sono linfa vitale e garanzia di memoria per le tradizioni».

Il 25 aprile a Savona avete aperto il concerto di Cisco di fronte a quasi cinquecento persone. Che sensazioni vi ha trasmesso? 

«Aver partecipato al concerto del Priamar in un contesto "(r)esistente" (alcuni membri di A Brigà sono iscritti alla FIAP e all'ANPI, ndr) ci ha inorgoglito, l'energia trasmessa dal pubblico e la sua partecipazione accorata nei canti hanno fatto il resto. Le polemiche nate in precedenza sono state messe a tacere dalla grande risposta dei giovani». 

Normalmente però che tipo di pubblico vi segue? 

«Il pubblico che ci segue è vario e dipende dalla situazione. A Brigà ha suonato in diversi contesti: quello festoso del pub, festival nazionali ed internazionali di folk, atmosfere intime all'interno di spazi storici, teatri, per approdare anche, nel 2010, in una puntata interamente dedicata a noi nel programma televisivo francese del produttore e regista Paul Rognoni (Mareterraniu production) "Mezzo Voce" dedicato ai gruppi più interessanti del Mediterraneo. Potremmo tranquillamente affermare, parlando di gioco d'eventi, d'essere dei situazionisti; contestualizzati storicamente e geograficamente nel momento in cui l'Internazionale Situazionista nasce nel 1957 a Cosio di Arroscia, in provincia di Imperia, nell'area delle Alpi del Mare». 

I giovani secondo voi hanno ancora la curiosità di avvicinarsi a generi non certo alla moda come può essere quello da voi proposto? 

«I giovani hanno il privilegio e il dovere della curiosità. Durante i nostri concerti incontriamo in egual numero giovani e "diversamente giovani". Nel panorama folk nazionale ed internazionale ci sono tantissime realtà giovani che portano avanti progetti di matrice folk. Parlando del contesto italiano mi vengono in mente i lombardi Spakkabrianza del nostro amico Matteo Dorigo, una delle realtà più interessanti del folk da ballo, o gli amici savonesi Pulin and the Little Mice. Senza dimenticare gli In Vivo Veritas». 

Quali sono i vostri progetti futuri? 

«Vogliamo promuovere il nuovo CD e contemporaneamente stiamo lavorando a nuovi brani con testi e musica di nostra composizione».

Oltre ad essere musicisti, cosa fate nella vita? 


«Io sono l'unico musicista non professionista del gruppo. Sono laureato all'Accademia di Belle Arti e lavoro come grafico, illustratore e animatore artistico nell'associazione Mus-e Savona. Marta, laureata al Dams Musica, tiene laboratori musicali per l'infanzia. Elena sta terminando il Conservatorio, è contrabbassista del Circolo Mandolinistico Giuseppe Verdi e lavora part-time all'IperCoop. Luca, diplomato al Conservatorio di Piacenza e insegnate di violino alla scuola comunale di Vado Ligure Arturo Toscanini, è quello che sicuramente ha più esperienze in Italia e all'estero sia in ambito classico, avendo suonato in diverse orchestre sinfoniche e liriche (Lucca, Teatro del Giglio; Genova, Teatro Carlo Felice; Orchestra Sinfonica di Sanremo), sia nel folk con diverse formazioni tra cui Caledonian Companion, l'Ensemble del Doppio Bordone, Dubh Linn, Myrddin incidendo per la BBC, WDR, Radio Fiandre, Svizzera 2 e facendo tournée in Europa ed in America».


Titolo: Artemisia. Le Alpi del mare 
Gruppo: A Brigà
Etichetta: autoproduzione 
Anno di pubblicazione: 2012

Tracce

01. Artemisia + Valzer di Artemisia  [trad. arrang. A Brigà + Luca Pesenti]
02. Canto delle uova (cantori di Mallare e Montefreddo)
03. Canto delle uova + Polka delle uova  [trad. Davide Baglietto arrang. A Brigà + Luca Pesenti]
04. Emma  [trad.; Luca Pesenti]
05. Emma (coro spontaneo di Mallare)
06. Ed or n'è chiusa la porta e la persiana  [trad. arrang. Luca Pesenti ed Elena Duce Virtù]
07. Va lalla pia + L'addestramento del panda  [Luca Pesenti + Davide Baglietto e Federico Fugassa]
08. Tre soldatin + Danza dei soldatini  [trad. arrang. A Brigà + Luca Pesenti]
09. Tre soldatin (Luisa Conte di Soldano)
10. La fontanella  [testo trad. adattamento Luca Pesenti; musica e arrang. Luca Pesenti]
11. Moretto  [trad. arrang, Alex Raso; musica Luca Pesenti e Alex Raso]
12. Moretto
13. Scottische del bruco + Scottische della foglia  [Luca Pesenti]




mercoledì 16 maggio 2012

"Come il suono dei passi sulla neve" di Zibba






Zibba e gli Almalibre hanno scelto il teatro Gassman di Borgio Verezzi per presentare, sabato 19 e domenica 20 maggio (ore 21), il loro nuovo album. "Come il suono dei passi sulla neve" è il titolo del quarto disco del cantautore varazzino che uscirà ufficialmente il 22 maggio nei negozi di dischi e negli stores musicali. Undici canzoni che raccontano il mondo con un piglio a tratti cinematografico, ricco di suggestioni. Per molti si tratta del disco della maturità che arriva dopo i pluripremiati "Senza smettere di far rumore" (2006) e "Una cura per il freddo" (2010). Il nuovo lavoro è stato registrato in un forno per mattoni a Moie con la partecipazione di numerosi ospiti: Roy Paci, Eugenio Finardi, Vittorio De Scalzi e Carlot-ta, e le partecipazioni straordinarie di Adolfo Margiotta, Enzo Paci, Gianluca Fubelli, Alberto Onofrietti e Silvia Giulia Mendola che danno voce a intermezzi che fanno da collante poetico alle canzoni.
In attesa di ascoltare le nuove canzoni, Zibba racconta in questa breve intervista come è nato il nuovo album.



"Come il suono dei passi sulla neve" è il tuo quarto album. Come è nato?

«Come sempre dall'esigenza di raccontarmi, e dopo due anni andati alla grande con il disco precedente ci voleva un nuovo capitolo. La fortuna di questo album per me è stata quella di poterlo registrare con gli Almalibre migliori che abbia mai avuto (band composta da Fabio Biale, Andrea Balestrieri, Stefano Cecchi, Stefano Ronchi, Stefano Riggi, ndr). La nuova formazione è fantastica e tutti hanno dato un grande contributo alla realizzazione di un sound davvero avvolgente». 

Perché avete scelto un forno di mattoni per registrate il disco e come si sono svolte le sessions?

«È stata una sfida. Abbiamo raccolto l'invito di questo virtuoso Comune delle Marche, Moie, che ci ha "raccontato" quanto sia possibile spendere il denaro pubblico in opere sensate e soprattutto in cultura. Ne vengo da una bruciatura non ancora sanata che mi ha dato il Comune in cui vivo, Varazze. Ci hanno fatto girare un clip facendoci investire forze e denaro con la promessa di una sponsorizzazione che poi non è mai arrivata. Sta di fatto che abbiamo voluto collaborare con qualcuno che ci crede davvero, che ci ha voluto valorizzare e abbiamo realizzato un documentario, in uscita tra poco, che racconta questa esperienza. Abbiamo sperimentato, in un luogo strano e non fatto per registrare, montando la strumentazione in un vecchio forno Hoffman e trasformando il nostro pensiero in musica in un'atmosfera unica. Le sessioni sono volate all'insegna di questo esperimento e ci siamo divertiti scoprendo anche un sacco di cose. Ad esempio che in un forno si può fare un disco che suona da paura».

Cosa vuoi trasmettere con questo nuovo lavoro?

«Più vado avanti più mi rendo conto che questo mestiere mi vuole attento al messaggio che voglio portare con me. In mezzo al delirio in cui stiamo vivendo ci metto questo: il suono dei passi sulla neve. Quasi un "non suono". Un momento per fermarsi a riflettere. Sopra i giochi, sopra la politica se vuoi, sopra il materialismo. Un momento per parlare di noi a noi stessi e agli altri e cercare buoni motivi per stare in piedi nel modo che ci piace di più».

Rispetto ai tuoi precedenti lavori cosa è cambiato nel tuo modo di approcciarti alla scrittura e alla musica?

«Cambia giornalmente tutto, mi lascio guidare dalle esperienze. Cambia il modo di vedere le cose. La prospettiva. Alcuni dicono sia un disco più maturo, ma questo è perché invecchio. Altri dicono ci sia un ritorno ad atmosfere più sognanti che erano parte di vecchi lavori. Credo che soprattutto ci sia consapevolezza. In quello che dico, nel come e nel perché. Ci sarebbe da parlarne per anni...».

Dopo i successi raccolti dai tuoi precedenti album cosa ti aspetti da questo nuovo lavoro?

«Non mi aspetto mai nulla, se non di non deludere le aspettative di chi ascolta la nostra musica. Per il resto tutto quello che verrà sarà un dono come sempre. Conosco molto bene l'ambiente musicale, so come funzionano certe cose. Continueremo a fare tanti live, andremo a prendere consensi o meno in mezzo alla gente, come piace a noi. E poi mi aspetto che lasci qualcosa nel cuore di qualcuno. Fosse anche solo in una persona avremmo raggiunto lo scopo di questo nostro modo di fare musica».

Le collaborazioni non mancano e tutte di grande qualità: Roy Paci, Eugenio Finardi, Vittorio De Scalzi e l’emergente Carlot-ta. Come sono nate e cosa hanno apportato al disco e al tuo sound?

«Ogni collaborazione che facciamo ha un significato profondo. Da quelli che hai citato tu, a tutti gli altri ospiti "non cantanti" del disco, sono tutte persone con le quali ho un bellissimo rapporto che va oltre la musica. Quando le collaborazioni nascono da una idea comune, dalla condivisione di un qualcosa di importante, sono sempre belle ed emozionanti. I grandi artisti che mi hanno dedicato un po' della loro arte hanno reso migliore questo lavoro, perché hanno parlato con me di qualcosa che non si fa molto: aiutarsi, coinvolgersi, aprirsi agli altri. Vorrebbe essere un piccolo esempio e speriamo che in qualche modo lo sia».

"Una cura per il freddo" e "Come il suono dei passi sulla neve" sono i titoli degli ultimi tuoi due album, ti piacciono le atmosfere invernali?

«Mi piace dell'inverno tutto quello che mi permette di goderne. È un caso che gli ultimi due titoli siano invernali, ma forse nemmeno troppo. Sono nati d'inverno, la maggior parte delle canzoni per lo meno. Ed è il terzo disco di seguito che registriamo sommersi dalla neve. Una magia. Gli ultimi tre album li abbiamo iniziati al sole per vederci cascare in testa tanta neve da soffocarci. Questa magia in qualche modo va assecondata».


Titolo: Come il suono dei passi sulla neve
Artista: Zibba & Almalibre
Etichetta: Volume Records
Anno di pubblicazione: 2012




                                      

mercoledì 2 maggio 2012

Paolo Bonfanti e il blues a emissioni zero




Paolo Bonfanti è uno dei più apprezzati bluesmen italiani. La militanza artistica nei Big Fat Mama nella seconda metà degli anni Ottanta, la partecipazione a centinaia di festival in tutta Europa e i numerosi album prodotti, lo hanno fatto conoscere ad una vasta platea di appassionati. Senza dimenticare le tante collaborazioni con artisti della scena nazionale e internazionale come Fabio Treves, John Popper, Beppe Gambetta, Roy Rogers e tanti altri.
L'ultimo album, "Takin' a Break" (2011), abbraccia tutta la musica roots in un susseguirsi di coinvolgenti ballate folk, buon vecchio blues, sanguigno rock e accenni gospel. Alla musica suonata Bonfanti ha unito in questi anni una intensa attività didattica e nel 2011 ha pubblicato il manuale "Bottleneck Guitar". Nonostante la notorietà il cinquantunenne musicista genovese è rimasto fedele alla sua personale visione della musica fatta di passione, sacrifici, coinvolgimento, lotte e indipendenza artistica.
Bonfanti si esibirà sabato 5 maggio dal vivo a Spotorno nell'ambito della rassegna "Immaginaria - Winter Edition 2012". Nonostante i numerosi impegni Paolo si è prestato a rispondere alle domande di questa intervista.


Quando si parla di Paolo Bonfanti viene subito alla mente il blues. Con i Big Fat Mama hai scritto la storia di questo genere musicale in Italia. A questo punto della tua carriera trovo però che sia un inquadramento riduttivo e limitante, mi sembra che la tua musica abbracci invece tutto il genere roots. Cosa ne pensi?

«A dir la verità, già coi Big Fat Mama non si suonava solo ed esclusivamente blues. Anzi, fin dall'inizio, ho sempre ampliato il discorso ad un genere che oggi si definirebbe "Americana". Il secondo LP, per esempio, aveva un sound decisamente "southern rock", tanto che un giornalista, ai tempi, ci paragonò alla Marshall Tucker Band!».

Un genovese che non è cantautore! Nonostante gli insegnamenti di Armando Corsi perché hai preferito guardare artisticamente oltreoceano?

«La mia formazione musicale era iniziata almeno cinque anni prima di incontrare Armando, per cui la successione degli eventi è stata questa: dai sei ai quindici anni ho studiato pianoforte classico, poi la chitarra cercando di imparare canzoni di cantautori come Guccini e De Gregori prima, poi di Dylan, CSN&Y, Eagles e tanti altri nomi della musica cantautorale e country-rock U.S.A., poi il blues e solo nel 1980 e 1981 l'avvicinamento all'armonia jazz con Armando».

Il tuo ultimo album solista ha riscosso grandi consensi da parte della critica e del pubblico. È stato un ritorno alle canzoni cantate in lingua inglese dopo le ultime tue produzioni in italiano e in dialetto genovese. Perché questa scelta?

«Anche in questo caso la vedrei dalla prospettiva opposta: ho sempre fatto dischi con testi in lingua inglese. Il mini cd "Io non sono io" e "Canzoni di Schiena" sono stati due "esperimenti" che sono stato molto contento di fare e non è detto che non riprenda il discorso in un futuro non lontano».

Ci sono voluti tre anni perché "Takin' a Break" vedesse la luce...

«In effetti è abbastanza normale per me. Non avendo vincoli discografici o di produzione di alcun tipo posso prendermi tutto il tempo che voglio, fino a quando non sono completamente soddisfatto del lavoro».

In queste settimane sei tornato a esibirti dal vivo con i Slow Feet. È un ritorno live che può anticipare qualcosa di nuovo a livello discografico?
 

«Suoneremo ancora dal vivo; per quello che riguarda una nuova realizzazione discografica per ora è tutto in stand-by, visti i fitti impegni di tutti, specialmente dei due PFM».

È previsto un vostro concerto in provincia di Savona nella prossima estate?

«Non con Slow Feet. Suonerò io (in solo) a Spotorno il 5 maggio, poi in trio, con Roberto Bongianino e Alessandro Pelle, a Toirano il 28 luglio e in duo, con Roberto Bongianino, a Noli l'11 agosto».

Sei un assiduo frequentatore di Facebook, qual è il tuo rapporto con le nuove tecnologie?

«Dopo un primo periodo di assoluto analfabetismo digitale sto cominciando a districarmi un po' nella "giungla". Facebook è fondamentalmente un gioco però da quando lo uso ho avuto un numero di contatti clamoroso e, devo ammettere, mi ha portato una buona quantità di lavoro».

I tuoi primi album, fuori mercato da un po' di tempo, sono finalmente tornati alla portata di tutti seppur in versione liquida. Trovi che sia il canale migliore per diffondere la musica? Si è parlato anche di una eventuale ristampa su cd?

«Io vengo dalla generazione dell'LP per cui già il cd mi sembra una "riduzione", però non avendo una major che mi sponsorizza, questo è un buon sistema per avere ristampe senza costi e arrivare direttamente al pubblico senza troppi intermediari e... risparmiando carta e plastica!».

A Casale il problema Eternit, a Vado Ligure il progetto di raddoppio di una centrale elettrica a carbone in pieno centro città, in Val Susa la Tav. Cosa pensi di questo modo spregiudicato di sacrificare la salute dei cittadini agli interessi economici di una minoranza? E perché la musica, tranne rarissimi casi, non prende posizione e non riesce a diventare la cassa di risonanza della volontà popolare?

«Questo è un po' il "vizietto" dei grandi nomi nell'attuale panorama italiano. Hanno paura di esporsi troppo e di conseguenza, magari, di vendere meno e, vista la crisi discografica, questo è uno spauracchio per le majors. Come ben sai, io sono schieratissimo e non mi preoccupo molto delle conseguenze, anzi, essere schierati contro il consumo di territorio e per la salute dei comuni cittadini mi sembra il minimo che la nostra coscienza ci chiede. Tutti possiamo fare qualcosa. Garda il mio progetto Zero Emission Blues: si tratta di un concerto fatto interamente con strumenti acustici microfonati, senza ampli, con P.A. e luci a led alimentate da biciclette con accumulatori oppure con la compensazione dell'energia consumata nel concerto stesso (già molto bassa in generale), attraverso l'immissione di pari energia pulita prodotta da un impianto di pannelli solari "ad inseguimento" del nostro sponsor tecnico».


Titolo: Takin' a break
Artista: Paolo Bonfanti
Etichetta: Club de Musique Records
Anno di pubblicazione: 2011

Tracce
(testi e musiche di Paolo Bonfanti)

01. Dark and lonesome night
02. Shoot 'em all down
03. Nowhere fast
04. I got a mind
05. Isolation row
06. Between me and you
07. Late again
08. Hands
09. Meteorology
10. Takin' a break