venerdì 24 aprile 2015

I St. Mud Avenue e la musica blues degli anni '20





Arrivano da esperienze diverse e variegate ma hanno in comune l'amore per la buona musica e un pizzico di spregiudicatezza. Si tratta dei cinque musicisti che hanno dato vita al progetto St. Mud Avenue e che da poche settimane hanno pubblicato il loro disco d'esordio eponimo. Nata nel 2013 dall'incontro del chitarrista Stefano Ronchi, componente degli Almalibre di Zibba, e dell'armonicista Fabio "Kid" Bommarito, leader dei Kid Blues Combo, la band si è trasformata in un quintetto con gli ingressi di Flavia Barbacetto, già con il trio vocale torinese The Blue Dolls e con il gruppo fiorentino Swing in Blue, del violoncellista e compositore Stefano Cabrera, componente del Gnu Quartet, e del contrabbassista Pietro Martinelli. L'esordio live nella versione quintetto ha avuto luogo a giugno del 2014 in occasione della finale italiana dell'International Blues Challenge che ha visto i St. Mud Avenue conquistare il secondo posto nella competizione.
I St. Mud Avenue sono un gruppo molto speciale che è riuscito a far convivere footdrums, chitarre resofoniche, ritmi ipnotici tipici della tradizione stomp, armoniche, sonorità che rimandano alla musica degli anni '20 del Mississippi, con il violoncello e il contrabbasso. L'utilizzo di percussioni suonate con i piedi, l'uso di bancali di legno e valigie a mo' di grancasse, e la registrazione completamente analogica hanno permesso di rendere ancora più reale e credibile la musica presentata in questo cd. Accanto alla tradizione si muove veloce il violoncello che rappresenta la novità di questo interessante lavoro discografico. A influenzare maggiormente la band sono state le produzioni del re della chitarra ragtime Blind Blake, Mississippi John Hart, il padre del Texas blues Blind Lemon Jefferson, John Lee Hooker, l'ineguagliabile Robert Johnson, il maestro della armonica blues Slim Harpo.
I dodici brani del disco sono equamente divisi tra cover e canzoni originali scritte da Stefano Ronchi, già conosciuto dagli amanti del blues per il suo disco solista dal titolo "I'm ready".
A presentarci il progetto St. Mud Avenue sono lo stesso Ronchi e Fabio "Kid" Bommarito. 



Cinque musicisti liguri che hanno la bussola puntata verso il profondo sud degli Stati Uniti. Come è iniziato questo viaggio?

Bommarito: «Questo viaggio è iniziato parlando con Stefano del fatto che volevamo fare qualcosa di grezzo, sporco, "ignorante",  molto "Mississippi". Così abbiamo iniziato a buttare giù un po' di brani, riarrangiati in chiave elettrica con l'uso di un bancale al posto della stompbox, di una valigia usata al posto della cassa e di amplificatori per un suono bello grezzo e siamo andati avanti così per un po'. Nel frattempo a Stefano è venuto in mente di inserire, prima un contrabbasso e poi un violoncello e una seconda voce femminile. All'inizio ero un po' scettico sull'uso anche di questi strumenti nel progetto ma da subito la cosa ha preso una forma, un'identità, fino a divenire la full band con cui abbiamo registrato il disco, quindi con Pietro Martinelli, Stefano Cabrera e Flavia Barbacetto. Un viaggio che stiamo facendo insieme a ritroso nel tempo, alla ricerca di materiale sempre più vecchio da riarrangiare alla St. Mud».

Venite tutti da esperienze musicali in ambiti differenti ma cosa avete in comune che vi ha spinti a dare vita a questo progetto?

Bommarito: «Sicuramente in comune abbiamo una grande passione per la musica e un certo spirito di avventura, un pizzico di spregiudicatezza e… molta simpatia».

Chi di voi è stato il motore di tutto il progetto?

Bommarito: «Indiscutibilmente Stefano a cui è venuta l'idea e probabilmente, ascoltando il mio modo di suonare, il mio "paraculismo" da palcoscenico e la mia spregiudicatezza soprattutto col pubblico femminile, ha pensato che insieme potevamo fare tanto. Poi l'ingresso degli altri componenti ha portato un valore aggiunto elevatissimo e suonare con simili professionisti, almeno per me, è un onore e una scuola ogni giorno».

Stefano, sei chitarrista di Zibba e prima di questo disco hai esplorato i sentieri del blues con un album che ha riscosso grandi apprezzamenti da parte della critica. Con il progetto St. Mud Avenue vai ancora più a fondo nella tradizione rurale americana scrivendo sei dei dodici brani che compongono il disco… È oltreoceano il tuo Eden musicale?

Ronchi: «Per me il blues è il miglior modo per esprimermi musicalmente. Ovviamente nel tempo è cambiata la ricerca, l'interesse, l'approfondimento. Per questo il disco dei St. Mud è così diverso dal mio disco precedente. Fa tutto parte di un percorso personale, al quale si abbina una appassionante e appassionata ricerca storica e filologica».

Pensate che sia ancora attuale il blues rurale, lo stomp, il ragtime che presentate nel disco?

Ronchi: «Attuale è una parola grossa, piuttosto direi che va abbastanza di moda. Penso che la differenza tra chi segue una moda e chi vive questa musica stia nel fatto di saperla anche interpretare. Noi abbiamo scelto di inserire, ad esempio, il violoncello. Per molti potrebbe essere una follia e un'assurdità storica, ma per noi è solamente il modo più efficace per dare il nostro contributo e lasciare un piccolo, minuscolo segno personale nel percorso storico di questa musica meravigliosa. E poi a me viene spontaneo scrivere brani in quello stile, è una cosa semplice e naturale. Mi sento veramente nostalgico».

Qualcuno potrebbe obiettare che è musica già sentita. Voi come rispondete?

Ronchi: «E cosa non lo è oggi? È già stato detto praticamente tutto, suonato tutto. Si può solo scegliere di suonare quello che piace di più, cercando di farlo bene. E che dia soddisfazione prima di tutto a chi lo suona».

Nell'album avete inserito anche sei cover. Perché avete scelto quelle canzoni e cosa rappresentano per voi?

Ronchi: «La scelta delle canzoni si è basata principalmente sull'attività live. Nel senso che abbiamo scelto di inserire i brani che, eseguiti dal vivo, ci davano più soddisfazione e rendevano meglio l'idea delle nostre sonorità. Anche perché la maggior parte di questi sono audacemente rivisitati e riarrangiati. Scelta piuttosto coraggiosa, ma senza dubbio personale e caratteristica».

Tra queste manca però "They're red hot" di Robert Johnson che avete però registrato in un video. Perché l'avete lasciata fuori?

Bommarito: «È stata la nostra "palestra", ha dato il la a tutto il progetto. È bello viverla così e poi inserire nel disco altri brani».

Per dare ancora di più l'idea del suono anni '20/'30 avete optato per una registrazione completamente analogica utilizzando apparecchiature d'annata… Come sono avvenute le registrazioni?

Ronchi: «Per rendere l'idea, anche se molto lontanamente, ci siamo affidati al TUP Studio di Brescia che ha messo a disposizione, oltre a strumenti e microfoni antichi, anche una sala abbastanza spaziosa per poter registrare tutti e cinque insieme. In questo poi è stato bravissimo il fonico, sia nel posizionamento dei microfoni, sia nella fase di mixaggio. È veramente molto difficile amalgamare il suono di strumenti acustici senza fare un polpettone sonoro, siamo stati davvero fortunati a rivolgerci alla persona giusta. E poi è stato bello trascorrere due giorni in studio, dormendoci anche e portando a letto l'odore di valvole calde dopo una giornata di lavoro. Non capita spesso, davvero una bella esperienza».

E non manca qualche rumore di sottofondo come cani che abbaiano, porte che cigolano. Il tutto richiama a certe registrazioni "sporche" del passato…

Bommarito: «L'aver inserito questi "rumori" è stato divertentissimo anche perché al momento della registrazione sono venuti fuori da soli, sai quei guizzi di pazzia che ogni tanto vengono? I cigolii sono fatti col violoncello e ricordano un cancello o una porta ma a me piace vederli come il rumore di una vecchia altalena che cigola col vento sotto il porticato di una vecchia casa di legno… e il cane… beh il cane sono io, a guardia della casa».

Cosa significa vivere nel 2015 in Liguria e fare musica di quasi cent'anni fa ottanta nata a migliaia di chilometri di distanza?

Bommarito: «Per me significa suonare una musica che mi piace un sacco e che mi dà modo non solo di suonare ma di esprimere anche delle emozioni».

Che tipologia di pubblico vi aspettate ai vostri concerti?

Bommarito: «Tutte le persona che hanno voglia di divertirsi e ascoltare un po' di sano blues suonato bene, credo».

Prima di registrare avete approfondito l’argomento ascoltando dischi o leggendo libri?

Ronchi: «Ovviamente per suonare ogni tipo di musica devi averla prima ascoltata… Per me e per Kid è stato un po' più semplice perché proveniamo da questa musica, o comunque da generi che ne sono parenti stretti. Per gli altri componenti del gruppo è stato interessante approfondire ed entrare nel fango, sporcarsi un po'. I libri al riguardo mi interessano molto, non ne sono stato un cultore in passato ma mi sono promesso da tempo di approfondire anche questo aspetto. Più si conosce la storia e la biografia di un artista e meglio si può comprendere la sua musica».

C'è un aneddoto o un momento particolare nel corso delle registrazioni in cui avete capito che la strada era quella giusta?

Bommarito: «Quando abbiamo trovato le maschere da lottatori di wrestling. Quella è stata la svolta! A parte gli scherzi, l'odore dello studio e le sensazioni provate quando siamo entrati ci hanno fatto ben sperare. Quando poi abbiamo iniziato a registrare tutti insieme con strumentazione d'annata, a sentire che i brani venivano bene già alla prima e vedere il viso soddisfatto di Pier in regia mentre ascoltava i suoni, allora abbiamo capito che stavamo facendo un bel lavoro e alla fine abbiamo registrato dodici brani in due giorni».

Dopo questo disco tornerete ognuno ai propri impegni o pensate di portare avanti questo progetto?

Ronchi: «Assolutamente! Ognuno di noi è impegnato su altri fronti ma questo progetto non lo molliamo, anzi. Stiamo lavorando sodo per portarlo in giro il più possibile e farlo conoscere, sia online che dal vivo. Ciò vuol dire che troverete i St. Mud Avenue in giro per locali in formazione duo, trio, quartetto o full band! Preparatevi all'invasione acustica di tanta musica "vecchia"».


Titolo: St. Mud Avenue
Gruppo: St. Mud Avenue
Etichetta: autoproduzione
Anno di pubblicazione: 2015

Tracce
(musiche e testi di Stefano Ronchi, eccetto dove diversamente indicato)

01. Rainy day rag
02. Strange kind of lovin’
03. Six feet under
04. Hipshake  [Slim Harpo]
05. Free
06. Up above my head  [Sister Rosetta Tharpe]
07. You’re gonna need somebody on your bond  [Blind Willie Johnson]
08. Born in Mississippi
09. I want a limousine
10. Some of these days  [Sophie Tucker]
11. I’m so lonesome I could cry  [Hank Williams]
12. Cannonball rag  [Merle Travis]



sabato 11 aprile 2015

II liquore di Mefisto creato da Le Ristampe di Tex






Sonorità tex-mex, ispirazioni cantautorali ed espressività teatrale sono gli ingredienti magici de "Il liquore di Mefisto", spettacolo e disco de Le Ristampe di Tex. L'ensemble ligure guidato da Augusto Forin e Sandro Signorile è nato a metà degli anni Novanta e dopo un periodo di pausa è tornato sulle scene con un progetto che ha già ottenuto grande successo di pubblico sui palchi liguri. Una rappresentazione musical-teatrale in cui l'imbonitore Jean-Pierre Lozano esalta le virtù di un portentoso liquore capace di alleviare qualsiasi tipo di male, fisico o mentale. Per entrare in possesso della ricetta segreta del liquore di Mefisto ha dovuto cedere la sua anima al diavolo ma ne è valsa la pena. Le proprietà delle erbe contenute nel distillato sono descritte dalla sciamana Patrizia Litolatta Biaghetti che associa le loro caratteristiche a quelle degli strumenti musicali. Nello spettacolo gli interventi recitativi e le parti musicali cedono il passo l'un l'altro in un susseguirsi di storie e racconti.
La musica è di frontiera e le sonorità tex-mex si legano all'arte cantautorale e ad accenni, seppur volutamente limitati, alla terra natia, alla Liguria. Un impasto originale, un distillato sonoro capace di evocare i grandi spazi delle praterie americane come le atmosfere raccolte dei centri storici liguri.
In queste settimane è stato pubblicato, in tiratura limitata di cinquanta copie, il disco che racchiude parte dello spettacolo e dà una visione d'insieme sulla musica e sull'ispirazione del gruppo.
Nel CD, registrato dal tecnico Alessandro Mazzitelli, suonano Augusto Forin (voce e chitarra), Sandro Signorile (mandola, dulcimer, lap steel), Davide Baglietto (cornamusa, flauti e percussioni), Dario Camuffo (cori), Marco Cambri (voce in "Motto de tera") mentre Jean-Pierre Lozano e Patrizia Litolatta Biaghetti sono le voci narranti.
Con Sandro Signorile abbiamo parlato de Le Ristampe di Tex, della sua passione per le musiche di confine e di suoi progetti futuri.




Sandro, raccontaci come è nato il progetto Le Ristampe di Tex…

«La basi le abbiamo gettate intorno al 1995/96, in occasione di alcune session fatte a casa di Marco Spiccio, medico e musicista della zona genovese. Eravamo io, Augusto Forin e Max Manfredi. Poi Max ha seguito la sua imponente carriera solista, io mi sono avvicinato al filone irlandese che per me è sempre stato importante e poi c'è stata l'esperienza con i Vagabond Shoes, Augusto ha portato avanti i suoi progetti ma alla fine eccoci nuovamente qui con uno spettacolo e un disco».

Chi ha avuto l'idea di chiamare questo progetto Le Ristampe di Tex?

«Il nome è stato proposto da Augusto ed è stato scelto per acclamazione».

Parliamo subito di "Il liquore di Mefisto", spettacolo musical-teatrale che presentate ormai da un paio di anni...

«Lo spettacolo è stato perfezionato nel corso del tempo con aggiunte e sottrazioni, fino ad arrivare alla versione definitiva. Così è stato anche per quanto riguarda la composizione dell'organico. Con noi hanno sempre suonato musicisti che per sopravvenuti impegni non hanno portato avanti un rapporto continuativo ma ora abbiamo trovato la giusta solidità. La formazione attuale vede Davide Baglietto, vero signore del vento che batte feroce il border, Mirco Pagano al cajon, Augusto alla chitarra, io alla mandola e poi ci sono due voci recitanti: la sciamana Patrizia Litolatta Biaghetti che cura il male di vivere con i suoi antichi rimedi e Jean-Pierre Lozano, sangue misto di culture che ci porta dove vuole recitando anche in spagnolo e francese, è un vero diavolo buono e terribile».

Qual è il filo conduttore dello spettacolo?

«Abbiamo preso come protagonista la figura benevolmente diabolica di Mefisto per raccontare storie. Mefisto propaganda le virtù del suo liquore e nel farlo non ha limiti di spazio e di tempo: incontra Warren Zevon, Joe Strummer insieme a Jodorowsky, qualche nostro musicista e amico che non è più con noi. Passa dal West ad ambientazioni opposte, sbaglia autobus e incontra Mick Jagger, sale sulla dirigenza di Ombre Rosse… È un modo per raccontare storie e lascia tantissimo spazio a una visione fatalista della vita e anche della musica, però è una fatalità ironica. Emblematica è la frase ‹mio marito ha finito i soldi, io ho finito l'amore› che troviamo pronunciata da una donna dell'est in "Bella signora". Lo spettacolo è una esplosione di ironia in cui racchiudiamo tutte le note dolenti - io ci metto anche l'Inter -, citazioni di frasi assurde, di film che hanno segnato non solo la mia vita ma di tanti».

In questi giorni è uscito anche il vostro disco. Nell'album, così come nello spettacolo, sono preponderanti le sonorità tex-mex, perché questa influenza?

Sandro Signorile (ph Martin Cervelli)
«Per noi musicisti e per me in particolare il punto di partenza è stato "Showtime" di Ry Cooder. Questo disco ha sconvolto i miei gusti musicali, ci trovi sonorità che fanno pensare quasi al liscio ma non lo sono e capisci che in realtà si tratta del "confine", quel confine che da geografico si trasforma e prepotente entra nella tua vita e nel tuo modo di essere. Queste sonorità hanno avuto degli applicativi anche nella musica italiana e mi viene da pensare a Bubola e a De André. E non si può negare, basta ascoltare la traduzione di "Romance in Durango" di Dylan. E così ne Le Ristampe di Tex abbiamo provato a vedere cosa poteva succedere mescolando la musica d'autore con il tex-mex. Ricordo ancora che avevamo bisogno di un fisarmonicista e nella prima formazione avevamo coinvolto Luca Delbene che a quel tempo era mio collega in consiglio comunale».

Chi ha scritto i brani?

«I testi delle canzoni sono per la maggior parte di Augusto mentre i testi dei recitativi sono miei. In più nel disco c'è una poesia di Patrizia intitolata "Cinquantaparole" su cui ho suonato una slide. Parlando delle parti recitate ho mutuato un lavoro che per me potrebbe avere interessanti sviluppi, un po' alla John Trudell. Nel disco, diversamente dallo spettacolo, ho creato delle musiche che contestualizzano e accompagnano il recitato, come fosse una canzone. Per quanto riguarda il resto, alcuni brani provengono dalle vecchie session, alcuni pezzi sono di Augusto come per esempio "Giuda", canzone viscerale che non aveva mai inciso. Il testo di "Il mestiere" è di Ivano Malcotti, che è un paroliere genovese, mentre la musica l'ho composta principalmente io, anche se mette male dare una paternità precisa alle composizioni perché sono idee che vengono sviluppate all'interno del gruppo».

Discorso a parte merita secondo me "Motto de tera", canzone recitata in dialetto ligure…

«È una canzone che arriva da precedenti session e l'abbiamo inserita nel disco perché la presentiamo abitualmente anche dal vivo. In questo caso a cantare è Marco Cambri. Nello spettacolo proponiamo due brani in ligure. Il primo, introduttivo, si intitola "Che notte scura" e lo esegue Augusto e la chiusura è affidata a "Motto de tera". Sarebbe interessante implementare il discorso ma non vogliamo correre il rischio di essere gli ennesimi "rievocatori"».

Cosa c'entra il genovese con il tex-mex?

«Perché siamo quasi tutti profondamente liguri e me ne sono accorto da quando vivo in Valle Bormida. Abbiamo il nostro confine come è musica di confine il tex-mex».

Mi pare di capire che il disco da poco pubblicato sia una sorta di pre-release…

«È una anteprima che abbiamo tirato in cinquanta copie. Grazie alla perizia tecnica di Augusto e Patrizia e la disponibilità del mio socio, Giovanni Ruggiero, abbiamo stampato in digitale la copertina, tagliato il cartonato e assemblato il tutto. È di livello professionale e lo riteniamo soddisfacente dal punto di vista artistico e del suono ma è a nostro uso e consumo. Ci dà la possibilità di farlo sentire e magari convincere qualcuno a investire nel progetto».

Magari anche per assicurarvi qualche data fuori provincia…

«Sarei curioso di vedere quale possa essere l'accoglienza da parte di un pubblico diverso da quello savonese. Ci piacerebbe poter presentare "Il liquore di Mefisto" in qualche piccolo teatro off. Sono convinto che ci sia qualcosa di artisticamente valido da esportare…».

Tu e Augusto Forin siete entrambi amanti di fumetti. In quali personaggi vi identificate?

«Siamo appassionati di Tex ma anche di Corto Maltese di Hugo Pratt. Dato il mio spirito dualistico credo di potermi identificare in Mefisto, l'antagonista di Tex, mentre Augusto è un Tex tranquillo e rassicurante che non perde mai la calma ed il tempo sul palco».

In parallelo porti avanti l'attività all'interno dei Celtic String Border…

«Anche questo progetto deve capire cosa vuole fare da grande. Abbiamo varie idee nel cassetto, speriamo di riuscire a realizzare un prodotto originale in breve tempo. In questo caso aspetto però quello che decide Bobo (Roberto Storace, ndr). Con noi in pianta stabile c'è anche Fiorenzo Ermellino che suona percussioni e concertina. Suoniamo canzoni tradizionali irlandesi molto belle, poi ogni tanto a me scappa una slide che forse non c'entra molto ma me lo permettono».

Come mai la musica irlandese è così seguita?

«È una musica liberatoria, l'ho sempre amata. Ricordo che frequentavo le medie quando comprai "Alla fiera dell'est" di Branduardi. Ascoltai tantissimo quel disco, mi innamorai di quelle sonorità che ritrovai poi in Alan Stivell "À L’Olympia". Poi fu la volta dei Planxty. Andy Irvine l'ho conosciuto di persona e siamo andati a suonare in Irlanda con varie formazioni. Questa musica ci è esplosa nel sangue, non c'è una spiegazione. Ce l'hai dentro e ti senti elettrizzato quando la suoni».

Attualmente su chi si concentrano i tuoi ascolti musicali?

«Faccio molta fatica ad aprirmi alla musica di oggi, mi ancoro ad alcuni miti. Seguo con piacere le produzioni di T Bone Burnett e ho trovato emotivamente appagante la colonna sonora del film "A proposito di Davis" dei fratelli Coen. Inoltre apprezzo i Mumford & Sons, The Lumineers, insomma gruppi molto vivi nella cui produzione trovo la prosecuzione di un certo discorso artistico del passato. Mi piace ancora tanto il vecchio Dylan che per me sarà sempre quello di "Hard Rain" e della Rolling Thunder Revue, con un sacco di chitarre, a volte non proprio perfette e quell'impatto scenico e sonoro con la gente che impazziva e Dylan che decideva di fare il pezzo in un'altra tonalità…sono nostalgico».




Titolo: Il liquore di Mefisto
Gruppo: Le Ristampe di Tex
Etichetta: autoproduzione
Anno di pubblicazione: 2015


Tracce


01. Caldo
02. Il mestiere
03. Bella signora
04. La valsa - Cinquantaparole
05. Da
06. Il Kid
07. Fasce laterali
08. Il topo
09. Valzer di Ciotto
10. Giuda
11. Motto de tera